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Giocare per guarire: il potere terapeutico del gioco e la regolazione emotiva nei bambini

5 agosto 2025 154

C’è qualcosa di magico nel modo in cui i bambini giocano. Basta osservarli per qualche minuto: un pupazzo diventa un eroe, una scatola si trasforma in una nave spaziale, una semplice costruzione racconta una storia di coraggio e paura. Il gioco è il loro modo di esplorare il mondo, ma anche di esplorare sé stessi. È molto più di un passatempo: è un linguaggio, una forma di espressione profonda, e soprattutto, è uno strumento terapeutico potente.

Il gioco è il luogo dove il bambino può essere autentico, creativo e libero. È lì che può iniziare a guarire. E forse, è anche lì che noi adulti possiamo imparare a guardare il mondo con occhi nuovi: più curiosi, più empatici, più aperti alla possibilità che dentro ogni gesto ludico si nasconda una verità profonda. In un mondo che spesso chiede ai bambini di crescere troppo in fretta, il gioco restituisce loro il tempo e lo spazio per sentire, elaborare e trasformare.

Lo psicologo C.E. Schaefer, nel 1993, ha definito i poteri terapeutici del gioco come quei “fattori che esercitano un effetto benefico nella persona, nel senso che determinano una diminuzione dei sintomi o un aumento del comportamento desiderato”. In altre parole, il gioco può aiutare i bambini a stare meglio, a sentirsi più sicuri, più compresi e più capaci di affrontare le sfide emotive della crescita. È un processo spontaneo, ma profondamente significativo, che consente al bambino di mettere in scena il proprio mondo interno, dando forma a paure, desideri, conflitti e sogni.

Attraverso la simbolizzazione, la narrazione e l’interazione, il gioco permette di esprimere emozioni difficili da verbalizzare, rielaborare esperienze stressanti o traumatiche, sperimentare ruoli e relazioni in modo protetto, e allenare la capacità di autoregolazione emotiva. I poteri terapeutici del gioco si manifestano in molteplici modi: dalla catarsi emotiva all’accesso all’inconscio, dall’espressione di sé allo sviluppo del senso del Sé, fino alla facilitazione dell’apprendimento e all’addestramento comportamentale. Ogni dinamica ludica diventa un’occasione per crescere, per comprendere meglio sé stessi e per costruire relazioni più sane.

Questa funzione regolativa del gioco trova una cornice teorica nel modello della finestra di tolleranza di Daniel Siegel. All’interno di questa finestra — uno spazio ideale in cui una persona riesce a vivere le proprie emozioni senza sentirsi sopraffatta né disconnessa — il gioco diventa uno strumento privilegiato per restare in equilibrio o per ritornarvi dopo una perturbazione emotiva. Vivere emozioni complesse in un contesto sicuro e prevedibile consente al sistema nervoso di “allenarsi” a gestirle, sviluppando strategie di adattamento e aumentando la capacità di tollerare situazioni stressanti.

Il gioco stimola anche la flessibilità neurale, ovvero la capacità del cervello di modificarsi e adattarsi in risposta all’esperienza. Un cervello flessibile è più capace di tornare rapidamente a uno stato di calma dopo una reazione intensa. Inoltre, il gioco sociale favorisce lo sviluppo di competenze relazionali come la comunicazione, la cooperazione e la risoluzione dei conflitti, contribuendo a creare un ambiente interpersonale sicuro e supportivo. Le attività ludiche rilassanti e creative favoriscono la calma, la concentrazione e il senso di sicurezza, agendo come naturali riduttori di stress.

Per i genitori, osservare il proprio figlio giocare può diventare una finestra preziosa sul suo mondo interiore. È un’occasione per entrare in contatto con le sue emozioni, i suoi pensieri e le sue paure, senza bisogno di parole. Per gli psicologi, il gioco è uno strumento clinico che consente di lavorare in modo rispettoso e profondo con il bambino, nel rispetto dei suoi tempi e delle sue modalità espressive.

In questo contesto, la Play Therapy rappresenta un approccio strutturato e scientificamente fondato che utilizza il gioco per trattare disturbi emotivi e comportamentali. Condotta da professionisti formati, può includere giochi simbolici, attività artistiche, giochi di ruolo e interazioni con pupazzi o oggetti, nonchè l'utilizzo del vassoio della sabbia. Ogni elemento è pensato per preparare la stanza "speciale dei giochi" e per facilitare l’espressione, la comprensione e la trasformazione del vissuto emotivo del bambino.

Il gioco, dunque, è molto più di un momento di svago. È un processo attivo di regolazione, apprendimento e guarigione. È il luogo dove il bambino può sperimentare, sbagliare, ricominciare, e soprattutto, sentirsi al sicuro. È lì che si costruisce la resilienza, si rafforza l’identità e si impara a vivere le emozioni con maggiore consapevolezza. E forse, è proprio lì che anche noi adulti possiamo riscoprire il valore del gioco come via per tornare a noi stessi.

 

Dott. Pierluigi Ceccalupo

Psicologo e Psicoterapeuta

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