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Troppi regali, poca gioia: educare i bambini al significato del dono

27 dicembre 2025 38

Natale è il tempo dei doni, delle luci e delle attese che si accendono negli occhi dei bambini e delle famiglie. È il tempo in cui la ritualità del dono diventa un linguaggio universale, capace di trasmettere amore, riconoscimento e appartenenza, eppure, proprio in questo spazio di magia e di euforia, si nasconde una questione delicata che riguarda il senso del limite, la capacità di scegliere e la costruzione di un rapporto equilibrato con gli oggetti e con i desideri. Troppi regali, troppi giochi, troppa abbondanza rischiano di trasformare la festa in un terreno ambiguo, dove il bambino non riesce più a orientarsi, dove l’attenzione si disperde e dove la richiesta diventa infinita.

Il dono, nella sua essenza, non è mai solo un oggetto è un segno, un ponte, un gesto che porta con sé un significato relazionale. Winnicott ci ha insegnato che il gioco è uno spazio transizionale, un luogo in cui il bambino sperimenta la libertà e la creatività, ma anche la presenza dell’altro se il gioco diventa eccesso, se l’offerta è smisurata, il bambino rischia di non trovare più il filo che lo guida, di non riuscire a investire energie in un oggetto, di non costruire una relazione significativa con ciò che riceve, l’abbondanza, paradossalmente, può generare vuoto.

Pensiamo a un bambino che riceve dieci giochi diversi nello stesso giorno. La sua gioia iniziale si trasforma presto in confusione: quale scegliere? Dove fermarsi? Ogni oggetto richiama la sua attenzione per pochi minuti, ma nessuno riesce a diventare compagno di esplorazione, nessuno diventa davvero significativo. In questo scenario, la capacità di concentrazione si indebolisce, la profondità dell’esperienza si riduce, e il bambino impara che ogni desiderio può essere immediatamente sostituito da un altro. Non si sviluppa la pazienza, non si coltiva l’attesa, non si costruisce il senso del limite.

Il limite, invece, è una cornice che dà senso è ciò che permette al bambino di riconoscere il valore delle cose, di imparare che non tutto è disponibile, che non tutto è immediato. Educare al limite significa proteggere, non negare significa offrire al bambino la possibilità di scoprire che la gioia non sta nell’accumulo, ma nella relazione con ciò che si riceve. Un dono scelto con cura, pensato per la sua età, per i suoi interessi, per il suo percorso di crescita, diventa un segno di riconoscimento che nutre la sua identità.

La psicologia dello sviluppo ci ricorda che la frustrazione positiva è un ingrediente fondamentale della crescita. Piaget parlava della necessità di affrontare ostacoli per costruire nuove strutture cognitive mentre Vygotskij sottolineava il ruolo della mediazione adulta nel guidare il bambino verso nuove competenze. Se ogni desiderio viene soddisfatto senza limiti, il bambino non sperimenta mai la frustrazione, non impara a gestire l’attesa, non sviluppa la capacità di desiderare in modo autentico. Il dono, allora, diventa occasione per educare alla gratitudine, per insegnare che non tutto è dovuto, che il valore di ciò che si riceve sta anche nella sua rarità.

Per cercare di arginare l’abbondanza di regali è fondamentale che i genitori e i familiari dedichino tempo ai bambini, aiutandoli a mettere a fuoco ciò che realmente desiderano e a distinguere tra ciò che è un bisogno autentico e ciò che nasce da un impulso momentaneo non si tratta di negare la gioia del ricevere, ma di insegnare la gioia del donare e del condividere, restituendo al regalo il suo valore simbolico. In questo senso, il genitore ha un ruolo di contenimento: non come figura che limita per sottrarre, ma come guida che orienta, che protegge dall’eccesso e che accompagna il bambino a dare significato a ciò che riceve. Prima di accontentare tutte le richieste, è bene fermarsi a riflettere sugli effetti, tutt’altro che positivi, di queste “abbuffate natalizie” che rischiano di trasformare la festa in un accumulo senza senso.

La ricerca psicologica ha messo in luce come il concedere troppi regali possa avere conseguenze negative sullo sviluppo emotivo e relazionale dei bambini ogni regalo è un gesto, e come tale porta con sé un insegnamento. Se il gesto si moltiplica senza misura, il messaggio che si rischia di trasmettere è che ciò che riempie la relazione, il tempo e lo spazio siano solo oggetti. Questo si riflette inevitabilmente sulla psiche il bambino impara a ricercare le emozioni che l’oggetto provoca, emozioni intense ma fugaci, che svaniscono in fretta e lasciano il bisogno di passare subito a un altro oggetto si genera così un circolo vizioso, dove l’esplosione di felicità iniziale si trasforma in un bisogno di sazietà mai colmato.

Il paradosso è evidente tanti regali possono portare a meno autostima, a supportare questa quest'utimo aspetto sono alcuni studi che suggeriscono una correlazione inversa tra beni materiali e benessere psicologico i bambini che hanno meno oggetti, ma possono contare su relazioni significative con i propri familiari e coetanei, mostrano spesso un livello più alto di autostima, sono più sensibili, altruisti, capaci di condividere, meno gelosi e meno possessivi. Questo accade perché non sviluppano legami selettivi con gli oggetti, ma con le persone la loro sicurezza nasce dal sentirsi riconosciuti e amati, non dal possedere.

Al contrario, quando le relazioni significative vengono sostituite dal legame con gli oggetti, il bambino fatica a entrare in contatto con le proprie emozioni più profonde e con quelle degli altri la dipendenza dall’oggetto diventa un ostacolo alla costruzione di un’identità solida e relazionale. In una fase delicata come quella dell’infanzia, in cui si struttura l’identità personale, questo rischio è particolarmente rilevante il bambino impara che la felicità dipende dall’avere, non dall’essere, e che la relazione si misura in quantità, non in qualità.

Immaginiamo una scena familiare: un bambino che apre pacchetti senza sosta, passando da un gioco all’altro con entusiasmo sempre più breve dopo pochi minuti, l’euforia lascia spazio a un senso di vuoto, e la domanda diventa: “Cos’altro c’è?”. In un’altra casa, invece, un genitore sceglie un dono significativo, lo accompagna con un rituale, una storia raccontata insieme, un tempo dedicato a montare il gioco, un momento di condivisione  e quel regalo diventa esperienza, memoria, legame. La differenza è evidente nel primo caso il dono è consumo, nel secondo è relazione.

Educare al dono significa allora restituire al gesto la sua dimensione originaria un segno di riconoscimento, un ponte tra sé e l’altro, un’occasione per sperimentare la gratitudine e la condivisione, significa insegnare che la gioia non sta nell’accumulo, ma nel valore che si attribuisce a ciò che si riceve e nel legame che si costruisce attraverso il dono. È un compito educativo che richiede consapevolezza e coraggio, ma che può trasformare il Natale in un tempo di crescita autentica, dove il bambino impara che l’amore non si misura in pacchetti, ma nella qualità della presenza e della relazione.

Il Natale può essere un tempo di riflessione per le famiglie, un tempo in cui ripensare il senso del dono, in cui educare al limite, in cui restituire al gioco il suo valore profondo. Non si tratta di negare la magia dei regali, ma di restituirgli il loro significato originario un gesto che nutre la relazione, che sostiene la crescita, che educa alla gratitudine, in questo modo, il Natale diventa davvero una festa di amore e di riconoscimento, un’occasione per costruire legami autentici e per accompagnare i bambini nel loro percorso di crescita.

 

Dott. Pierluigi Ceccalupo

Psicologo e Psicoterapeuta

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