Custodire la magia: Babbo Natale e il bisogno di meraviglia
Credere in Babbo Natale è una delle esperienze più universali e affascinanti dell’infanzia, un rito che attraversa culture e generazioni e che porta con sé un significato psicologico profondo. Non si tratta di un semplice gioco o di un inganno benevolo, ma di un vero e proprio laboratorio evolutivo, dove il bambino sperimenta il potere della fantasia, la fiducia negli altri e la capacità di attribuire senso a ciò che non è immediatamente visibile. Jean Piaget, padre della psicologia dello sviluppo, descrive il pensiero magico come caratteristico della fase pre-operatoria, dai due ai sette anni, quando il bambino attribuisce a tutti gli altri esseri, animati e non, ciò che lui stesso pensa e prova. In questa fase non esiste ancora una chiara differenziazione tra la propria realtà interna e quella esterna: un sasso che la sera era sul parapetto e la mattina è per terra può essere interpretato come un oggetto che ha deciso di scendere da solo, dotato di volontà e intenzionalità. Il bambino prescinde dai vincoli causali di tempo e di spazio propri del pensiero logico e investe tutto il reale di animismo: ogni cosa è viva, ogni cosa è dotata delle stesse caratteristiche vissute dal bambino, ogni cosa può influire sulle altre. Come nelle fiabe, è il vento che vuole andare da qualche parte, il sole che vuole scaldare o bruciare, le nuvole che vogliono togliere la luce. Le attribuzioni magiche non sono invenzioni arbitrarie, ma spiegazioni degli eventi non viene negato il principio di causalità, semplicemente non ne viene affermata l’universalità, ogni evento ha validità singola, e la spiegazione animistica non è estensibile ad altri eventi.
Il pensiero magico assolve a funzioni molteplici: ha una funzione difensiva, perché protegge dalla possibile ansia di fronte a ciò che è sconosciuto, il bambino costruisce rituali che lo tranquillizzano, ripete parole o azioni per far sparire una paura. Ha una funzione propiziatoria, perché attraverso gesti e rituali cerca di favorire la realizzazione di un desiderio, ha una funzione conoscitiva, perché gli permette di controllare la sua presenza nel mondo e di sentirsi parte attiva della realtà. Come sottolinea Daniele Novara, il pensiero magico è uno “strumento fantastico” che consente di trasformare la realtà e di nominarla in un altro modo, mentre Silvia Bonino ricorda che la figura del donatore mitico, come Babbo Natale, rappresenta speranza e fiducia nel futuro. Daniela Chieffo, psicologa clinica del Policlinico Gemelli, sottolinea che mantenere viva la magia del Natale significa offrire ai bambini un’esperienza di crescita che non è menzogna, ma educazione alla fiducia.
La credenza in Babbo Natale si colloca perfettamente in questo quadro. Il bambino non vede mai Babbo Natale arrivare concretamente nelle case, e proprio questa invisibilità lo rende affascinante: l’attesa diventa un rito che educa alla pazienza e alla speranza, un allenamento prezioso per imparare che non tutto ciò che conta è immediatamente visibile. La famiglia diventa il palcoscenico dove Babbo Natale prende vita, racconti, decorazioni, biscotti lasciati sul tavolo e pacchi che compaiono sotto l’albero non sono inganni, ma narrazioni condivise che rafforzano il senso di appartenenza e trasmettono valori come la gratitudine e la generosità. Ogni gesto, il rumore dei pacchi, la luce soffusa dell’albero, le frasi sussurrate prima di andare a dormire, diventa parte di un copione che i bambini interiorizzano e che rimarrà con loro anche da adulti, trasformandosi in memoria affettiva e in rituale da riprodurre e tramandare.
Il fascino di Babbo Natale non risiede soltanto nel dono, ma nel mistero che lo circonda. I bambini imparano a credere in qualcosa che non possono verificare con i loro occhi, e questo li porta a sviluppare una fiducia che va oltre la percezione immediata, è un esercizio di immaginazione che li prepara a comprendere, crescendo, che molte delle cose più importanti della vita, l’amore, la cura, la protezione, non si vedono, ma si sentono. Quando la verità viene svelata, la magia non si perde: si trasforma in memoria e rituale, insegnando che fantasia e realtà possono convivere è un passaggio evolutivo che mostra come i miti possano cambiare forma senza perdere significato e proprio in questo momento si apre un nuovo compito psicologico e relazionale, ovvero il bambino che scopre la verità può diventare custode della magia, mantenendola viva per i fratelli più piccoli o tramandandola un giorno ai propri figli. La credenza in Babbo Natale diventa così un’eredità simbolica, un filo che lega generazioni e che insegna che la fantasia non si esaurisce con la crescita, ma si trasforma in responsabilità e cura.
Se allarghiamo lo sguardo, possiamo vedere come la figura di Babbo Natale si inserisca in un più ampio panorama antropologico e culturale. Molti popoli hanno elaborato figure mitiche di donatori, spiriti benevoli o divinità che portano doni e protezione. La funzione è sempre la stessa: rassicurare, trasmettere fiducia, educare alla speranza in questo senso, Babbo Natale è un archetipo che si rinnova di generazione in generazione, adattandosi ai contesti culturali ma mantenendo intatta la sua funzione psicologica.
Il pensiero magico, dunque, non è soltanto una fase da superare, ma un patrimonio da custodire come ricorda Piaget, il bambino impara gradualmente a distinguere tra fantasia e realtà, ma la fantasia rimane una risorsa anche nell’età adulta, quando diventa creatività, immaginazione, capacità di pensare oltre l’immediato. Credere in Babbo Natale è credere che la vita abbia sempre bisogno di un pizzico di meraviglia, e che la fiducia negli altri sia un dono che si rinnova ogni volta che scegliamo di raccontare una storia, di accendere una luce, di lasciare un biscotto sul tavolo.
Allora, quale spazio di mistero e fantasia lasciamo oggi ai nostri bambini?
In che modo i rituali familiari contribuiscono a costruire fiducia e appartenenza?
Cosa significa, per noi adulti, continuare a credere in Babbo Natale, anche sapendo che non esiste?
La magia del Natale non è un inganno, ma un dono simbolico che accompagna la crescita e che ci ricorda che la vita, per essere pienamente vissuta, ha sempre bisogno di un pizzico di mistero e di meraviglia.
Dott. Pierluigi Ceccalupo
Psicologo e Psicoterapeuta